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Successo di pubblico, ieri sera (mercoledì 20 novembre) a Piacenza, per l’appuntamento con Pulcheria 2024 - abituale rassegna sostenuta dal Comune - alla XNL di via Santa Franca. Un successo che porta varie firme: innanzitutto quella di Umberto Galimberti, filosofo e psicanalista, un ospite in grado di catalizzare l’attenzione di un pubblico davvero consistente (uno schermo è stato allestito anche al Conservatorio “Nicolini”, appena di fronte alla XNL). Insieme a lui, in prima fila, anche l’Azienda Usl di Piacenza, presente con la Psicologia di base. Simona Minarelli, responsabile del reparto appena citato, e Marco Martinelli, psicologo e psicoterapeuta dell’Azienda, hanno infatti condiviso il palco con il più celebre e acuto allievo del grande Emanuele Severino, stimolandolo su vari temi, in primis quello della violenza sulle donne. L’Ausl, che ha collaborato all’organizzazione dell’evento, ha portato sul palco della rassegna, egregiamente strutturata da Paola Pedrazzini, le istanze di Liberiamoci dalla violenza, centro inserito all’interno della Psicologia di base e gestito da Martinelli medesimo. Obiettivo del progetto, guidare gli uomini autori di violenza di genere in un complesso percorso di assunzione di responsabilità e cambiamento.
Per parlare di violenza sulle donne – ma non solo – Galimberti è partito proprio dalla figura storica di un maschio cacciatore che fatica ad accettare una dimensione realmente paritaria con la controparte femminile (“è così dalla notte dei tempi”). Sotto la lente d’ingrandimento, tutte le relazioni, non solo quelle maschio-femmina, ma anche quella padre-figlio, madre-figlo. “Mio marito, mia moglie. Quei possessivi sono tremende spie semantiche. La violenza di genere non avrà mai fine finché non si capirà e accetterà che, al di là della relazione in gioco, il partner è un’altra persona. Come non si capirà mai nulla degli infanticidi finché si continuerà a credere che una madre prova solo amore per il figlio. Amore e odio, questi sono i due poli opposti fra cui può oscillare una madre”. Galimberti, filosofo heideggeriano e indomito grecista, ha parlato di un’epoca, la nostra, in cui essere capaci di empatia è diventata un’autentica sfida (“ai processi gli stupratori rispondono in modo disarmante: non si rendono realmente conto di ciò che hanno fatto. Non provano nulla”). Persino Martinelli ha osservato come anche nel rapporto teraputico il medico, oggi, rischi di perdersi, di “non sentire” come dovrebbe. A quel punto il Galimberti più ribelle ne ha approfittato per schiaffeggiare le istituzioni, spesso mute o distratte, soprattutto quel moloch scolastico colpevole di “non educare, ma al massimo – se va bene – di istruire”. Tanti cavalli di battaglia, snocciolati davanti a un pubblico attento e prevalentemente giovane. Una serata per capire meglio quali e quanti siano i demoni che dimorano dentro di noi. Sapendo che per disinnescarli bisogna soprattutto conoscerli, persino amarli. “Dobbiamo prenderci cura della nostra ombra”, ha detto Galimberti davanti a una sala piacentina che, in più di una circostanza, non ha potuto fare a meno di richiamare alla mente (e al cuore) la recente tragedia che ha visto vittima la piccola Aurora.
Nella foto di Michele Cinotti, da sinistra, Galimberti e Martinelli