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Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione dell’ictus: una patologia neurologica in cui numeri sono in costante crescita e che viene considerata la terza causa di morte al mondo dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Si stima che 10-12% di tutti i decessi per anno si verifichi dopo tale evento. La patologia ha costi sociali altissimi: è la prima di forma disabilità dell’adulto che colpisce, con variabile gravità, il 50% di chi ne è vittima.

L'ictus è un evento improvviso che accade nel cervello e può essere paragonato a un blocco stradale nel sistema di trasporto del sangue del nostro corpo. Questa interruzione del flusso può verificarsi quando un vaso sanguigno nel cervello si chiude o si rompe, causando una mancanza di ossigeno e nutrienti alle cellule cerebrali. L’ictus può portare a danni cerebrali e problemi come difficoltà nel parlare, nell'usare parti del corpo o nel capire le cose. Nei casi più gravi, può avere conseguenze a lungo termine sulla salute e sulla vita di una persona.

Piacenza conta circa 500 ictus all’anno, con un tasso di mortalità di gran lunga più basso rispetto al panorama nazionale grazie alla presenza delle Stroke unit.

“Il tempo è un fattore chiave per il trattamento di questa patologia – sottolinea la Donata Guidetti, direttore di Neurologia – ma sono ancora troppi i pazienti che arrivano in ospedale in ritardo. Il 50 o anche 60% delle persone che manifesta lievi sintomi, li sottovaluta. Ancora troppo spesso, quindi, quando questi casi arrivano all’attenzione dei medici, è già trascorso troppo tempo affinché le terapie possano sortire un effetto adeguato.

Giungere in ospedale 4-6 ore dopo l’evento impedisce ai pazienti di potersi sottoporre alla trombolisi, l’infusione in vena di un farmaco che riesce, spesso, a sciogliere i trombi che chiudono le arterie e quindi prevenire l’ischemia cerebrale e la disabilità. Dei 500 casi registrati nello scorso anno solo 120 hanno subìto la trombolisi in vena che deve essere effettuata nell’arco di un’ora dalla comparsa dei sintomi”.

Ascoltare e saper riconoscere i campanelli di allarme di un ictus in atto è fondamentale.

“Questi – evidenzia la dottoressa Guidetti – sono i segni che lo caratterizzano: perdita quasi improvvisa di forza a un braccio o a una gamba o a entrambi, bocca che si torce, difficoltà a parlare, parole che non vengono fuori, formicolio a braccio e gamba, perdita di vista a un occhio e sensazione di sentirsi ubriachi faticando a tenere l'equilibrio. In questi casi va attivato immediatamente il 118; il personale sanitario può quindi allertare la Stroke unit, dedicata all’ictus, all’interno del reparto di Neurologia. E quando il paziente arriva in ospedale, possiamo procedere con la trombolisi”.

Prendersi cura della propria salute, mantenendo una dieta equilibrata, facendo esercizio fisico e monitorando i fattori di rischio come l'ipertensione e il diabete, può aiutare a ridurre il rischio di ictus. Inoltre, è importante diffondere queste informazioni per aiutare la prevenzione e per garantire che chiunque sia colpito da questa condizione riceva la migliore assistenza possibile.

Ultimo aggiornamento

24-10-2023 12:10

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