Negli ultimi anni l’accesso della popolazione migrante è cresciuta esponenzialmente. Gli ultimi dati mostrano che circa il 30% dei minori in carico al servizio di Neuropsichiatria sono figli di genitori migranti.

Questo incremento ha posto ai servizi sollecitazioni non solo di natura quantitativa, ma anche e soprattutto qualitativa: basti pensare alla maggiore vulnerabilità legata alla frequente assenza del supporto delle famiglie allargate, i travagliati ricongiungimenti famigliari, le differenze di lingua, costumi e usanze. Questa vulnerabilità sembra acuirsi in alcuni passaggi evolutivi come la nascita, l’inserimento del bambino nella scuola materna o in quella elementare e il passaggio all’età adolescenziale.

Questi passaggi espongono a maggior rischio i minori migranti mettendo alla prova tutte le loro potenzialità nel difficile e complesso compito neuropsicologico di trasferire significati da un sistema di codici ad un altro.

A fronte di queste nuove sfide, i servizi interessati necessitano di dotarsi di nuove basi concettuali ed operative che tengano conto del distinguo tra ciò che appartiene alla cultura e ciò che appartiene alla psicopatologia ed evitare così di incappare in errori diagnostici e terapeutici, prevenendo possibili falsi positivi e falsi negativi.

Il percorso si propone di riordinare l’offerta sanitaria tramite la ricerca di buone pratiche nella presa in carico di bambini e adolescenti migranti e delle loro famiglie. Tale percorso ha la caratteristica di essere provinciale e inter-servizi:. Sono coinvolti i servizi che si occupano di minori: Neuropsichiatria e psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza (UONPIA), Psicologia di base (UOPB), Minori-Servizio sociale tutela minori.

Il percorso prevede:

  • Corsi di formazione agli operatori di tre servizi (UONPIA, UOAPB, Tutela minori) e alle mediatrici linguistico culturali per implementare percorsi di accoglienza/valutazione/diagnosi/intervento di bambini e adolescenti migranti e delle loro famiglie maggiormente adeguati attraverso l’applicazione del dispositivo transculturale che prevede la presenza fissa di una mediatrici linguistico culturale nel percorso di valutazione-assessment. Questo avviene, nell’attività clinica di base (primo livello)
  • Percorsi di supervisione continua all’attività di base, per i casi seguiti con il dispositivo transculturale.
  • Maggiore integrazione tra i diversi soggetti della rete interistituzionale che si occupano di minori.
  • Attività di secondo livello di Clinica transculturale di gruppo, rivolto ai minori e alle famiglie,
  • Consulenza ai colleghi per situazioni di criticità psicopatologica/stallo/difficoltà nell’alleanza con le famiglie
  • Sperimentazione di nuovi strumenti testistici orientati in senso transculturale (ELAL, Test per la valutazione della lingua madre in bambini da 3,5 anni a 6,5 anni; Leiter 3….).
    Responsabile: Donatella De Buglio


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