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Arriva anche sul territorio piacentino l’infermiere di comunità, il professionista che promuove e tutela la salute della comunità. Presta la propria attività nel territorio, con i cittadini, per i cittadini e le famiglie, in sinergia con le istituzioni e le risorse offerte dal territorio. Il servizio è già attivo nei Comuni di Morfasso e Vernasca ed è completamente gratuito per i cittadini grazie a un finanziamento del fondo Strategia nazionale per le aree interne (SNAI).
Di imminente attivazione anche l’infermiere di comunità in Alta Val Nure, a Ponte dell’Olio, Bettola, Farini e Ferriere. Anche in questo caso, il servizio si avvale di finanziamento del fondo Strategia nazionale per le aree interne (SNAI).

Questa mattina, la presentazione ufficiale di una figura su cui l’Azienda Usl di Piacenza punta molto. Tante, per l’occasione, le voci che hanno offerto un intervento: Paola Bardasi (direttore generale dell’Ausl di Piacenza), Andrea Contini (direttore assistenziale Ausl Piacenza), Costanza Ceda (direttore del distretto di Levante Ausl Piacenza), Gabriella Di Girolamo (direttore Organizzazione territoriale Ausl Piacenza), Gaetano Cosentino (direttore Assistenza primaria Ausl Piacenza), Marina Faimali (infermiera di comunità), Clarissa Concarini (assistente sociale di Vernasca), Paolo Calestani (sindaco di Morfasso), Alessandro Chiesa (sindaco di Ponte dell’Olio), Paolo Negri (sindaco di Bettola), Cristian Poggioli (sindaco di Farini) e Carlotta Opizzi (sindaco di Ferriere).

L’infermiere di comunità opera in collaborazione con altre figure quali il medico di famiglia, l’assistente sociale, gli infermieri domiciliari, gli altri specialisti e con tutte le risorse formali e informali (Comune, associazioni, volontariato, parrocchia) presenti sul territorio. I professionisti sanitari sono identificabili tramite automobile o mezzo con logo Ausl, divisa e tesserino identificativo. A tal proposito Bardasi ha rilevato due questioni centrali per cogliere appieno il senso di questa innovazione: “L’infermiere di comunità non si sostituisce all’infermiere domiciliare. Si tratta di due professionisti che hanno ruoli diversi. Inoltre, l’obiettivo dell’infermiere di comunità non è solo l’intervento a favore del malato. L’idea è quella di fornire un servizio alla comunità intera, anche a persone per le quali può essere più utile una forma di assistenza preventiva, che precede la malattia. La prevenzione, del resto, rimane al centro degli obiettivi aziendali”. E se si è ragionato parecchio sull’importanza dell’integrazione fra i vari servizi coinvolti e della costante collaborazione con altre figure già presenti sul territorio, Contini ha osservato come “non c’è salute senza integrazione sociale. L’infermiere di comunità è un infermiere territoriale ben connesso a figure centrali come il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta”.

Il servizio si rivolge appunto sia alle persone sane, sia a quelle con problemi socio sanitari e alle loro famiglie, con l’obiettivo di promuovere salute e supportare il paziente nella gestione di malattie croniche. L’infermiere di comunità progetta, insieme agli altri professionisti del territorio interessato, percorsi di miglioramento degli stili di vita. Un aspetto evidenziato da Ceda: “L’integrazione è la chiave di tutto”. “Cruciale il fatto che – ha affermato Concarini – i professionisti coinvolti conoscano già i territori entro i quali opereranno. Un elemento che facilita l’attività”.

Grande soddisfazione, anche per i sindaci dei Comuni interessati, che più di tutti, ogni giorno, si relazionano con un territorio montano che talvolta allontana le persone e non favorisce le relazioni. “Alcuni paesani, forse perché figli di un’indipendenza caratteristica della montagna, avevano quasi paura a chiedere aiuto e assistenza”, ha rivelato Calestani. Parole di approvazione anche da parte di tutti gli altri primi cittadini presenti, segno che, dopo la positiva esperienza del progetto Montagna Solidale, un servizio simile era necessario. Mentre Poggioli ha sottolineato come l’età media dei suoi paesani sia, di per sé, un dato potenzialmente critico (“Il 40% è over-70”), Chiesa ha voluto ringraziare il personale che interverrà quotidianamente sul territorio, “affinché la teoria si traduca in realtà”. “È un servizio importante perché destinato ad aumentare la qualità della vita di tante persone”, ha poi concluso.

È possibile incontrare l’infermiere di comunità nell’ambulatorio negli orari di accesso al servizio. È inoltre possibile concordare un momento di approfondimento a domicilio.

Alcuni esempi di attività che svolge: informa sui servizi presenti sul territorio; orienta al corretto utilizzo dei servizi sanitari; rileva situazioni di fragilità nelle principali attività di vita quotidiane; monitora diversi parametri (pressione arteriosa, glicemia, peso corporeo); educa su stili di vita sani (alimentazione, attività fisica) per il raggiungimento di un invecchiamento sano e attivo; rileva e informa sulle cause degli incidenti domestici e i principali rischi; promuove attività di gruppo e socializzazione all’interno della comunità.

A Morfasso l’ambulatorio è in via Papa Giovanni XXIII 119 ed è aperto il mercoledì dalle 9 alle 10.30.

A Vernasca è in piazza Vittoria 2 e l’infermiere di comunità è presente il giovedì dalle 9 alle 10.30.
Per la Val Nure la sede principale di riferimento è la Casa della Salute e della Comunità di Bettola. L’infermiere di comunità sarà presente anche a Ponte dell’Olio, Farini e Ferriere, in locali messi a disposizione dalle amministrazioni comunali.

In questi comuni è già attivata una mappatura dei bisogni, in raccordo con le altre figure del territorio; dalla prima settimana di settembre il servizio sarà aperto al pubblico.

Al momento i professionisti che svolgono l’attività di infermiere di comunità sono tre: Marina Faimali, Vanda Molinari e Mariarosa Calamari. Le figure sanitarie si alternano e sono organizzate in modo da sostituirsi per non lasciare scoperti i territori e le sedi individuate.

“Sapevamo come medici di famiglia che sarebbe stato attivato l'infermiere di comunità - aggiunge Luca Pilla, coordinatore di nucleo di Medici di famiglia Alta Valnure - e siamo pronti a collaborare con questa figura per integrare una parte del nostro carico di lavoro, tra cui le indicazioni sull'uso corretto dei servizi sanitari e l'analisi delle fragilità, al fine di migliorare le aspettative di vita e soprattutto rimandare al più tardi possibile l'istituzionalizzazione dei pazienti. Ogni attività, sanitaria, sociale o di volontariato, che determini una riduzione del rischio di malattia e una maggiore consapevolezza delle possibilità di cure offerte da tutti gli attori è la benvenuta. Ne possono beneficiare non solo i pazienti, ma anche tutti gli operatori che gravitano attorno allo stesso paziente”.

Servizio Infermiere di comunità

Ultimo aggiornamento

04-10-2023 15:10

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Notizia21 set 2023
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